Sabato i fan di Antonino Cannavacciuolo, ospite del Salone del Libro, hanno potuto ascoltare direttamente dallo chef partenopeo le ricette della sua cucina ed alcune anticipazioni del suo libro pubblicato da Einaudi.
Ripubblichiamo volentieri l’intervista di Simona Colombo, in cui aveva raccontato alcuni suoi segreti.
E’ impossibile descrivere in una pagina tutte le emozioni che nascono dalla sua cucina e dalla sua personalità. E’ un poliedro che a seconda della faccia su cui è illuminato mostra sorprese e curiosità.
Partiamo da lui, classe ‘75, è giovane (pensate a cosa potrà ancora fare per incantarci), napoletano. Cucina verace, strutturata da un padre del mestiere, che gli infonde rigore, tecnica, tenacia, incastonata tra delizie cucinate con l’amore della mamma, pura espressione del cuore.
Questo cuore e questa preparazione sono le costanti che lo accompagnano nel suo percorso professionale, dalla gavetta iniziale all’Auberge de l’Ill all’Illerhausen (3 stelle Michelin) ed ancora al Buerehiesel (altro 3 stelle Michelin).
Oggi le stelle le vanta lui, all’Hotel Villa Crespi ad Orta San Giulio di cui è patron con la sua musa ispiratrice, sua moglie Cinzia Primatesta, con cui si è buttato a capofitto in una sfida che l’ha visto trionfare.
Il cardine di tutto è la sua cucina. Sembra scontato, dato che è uno chef, ma non lo è affatto. Guardandolo cucinare, anche in televisione, leggendo le sue ricette sul libro, si dimentica tutto: chi è lui, dove lo stiamo guardando, incantandosi davanti alla sua cucina. Le ricette sono vive, così essenziali da essere inimmaginabili, con gusti “puri” che si sposano in un piatto, che solo a guardarlo sai che sarà meraviglioso.
Avete presente quando si guarda un’opera di arte contemporanea? La guardi e pensi: ‘E’ così semplice, così essenziale, l’avrei potuta fare io, ma non l’ho fatto. Questo è il punto: la capacità di mettere insieme ingredienti che tu non abbineresti, ma che in un suo piatto, sembrano nati per essere gustati così, semplicemente perfetti.
Coniuga in maniera stupefacente la cucina della sua tradizione, quella napoletana, con la sua cucina di adozione, quella piemontese, lui stesso ci confessa: “Apprezzo tutti i tipi di cucina. Posso dire che ho sempre proposto una cucina ‘fusion’ in Piemonte, ‘fondendo’ appunto le diverse materie prime in modo che riescano a trasmettermi emozioni” .
Sicuramente è un’emozione ritrovare nel suo libro la Finanziera, il Bagnetto Verde e al contempo le Zeppole di San Giuseppe e il Casatiello.
Le sue ricette hanno però un guizzo rispetto alla ricetta di tradizione; le guardi e capisci da dove partono, ma il loro traguardo è decisamente altrove: “Il mio stile si fonda sul concetto di togliere, di alleggerire quanto più possibile piatti presi dalla tradizione utilizzando ingredienti di qualità per cui non si arriva mai a offendere la tradizione”.
Tradizione, innovazione, fusione… quando gli aggettivi per descrivere una cucina sono molti e tutti adatti ci si trova di fronte ad una struttura gastronomica e culturale complessa, per nulla scontata, basata su solide fondamenta.
Le origini di Cannavacciuolo pesano, contano, incidono. Lui stesso ci dice:
“L’imprinting familiare può diventare un limite quando si ha un padre che impone al figlio le sue stesse scelte. Quando accade ciò, nel figlio si forma quasi un rifiuto a seguire le orme paterne. Per me non è stato così, visto che mio padre ha cercato in tutti i modi di dissuadermi! E proprio questo suo atteggiamento mi ha aiutato a crescere e cercare un continuo miglioramento.”
Se lo avete visto in televisione saprete quanta cura mette nella preparazione, quanto la qualità della materia prima, il suo rispetto, la pulizia ed il rigore nel suo processo di preparazione vanno a contribuire alla costruzione di un piatto unico, di un’esperienza multi-sensoriale. Infatti la sua cucina spinge: “Amo ricercare e scoprire le giuste combinazioni per esaltare al meglio le proprietà di ogni singolo prodotto anche grazie alla collaborazione con la mia brigata esattamente come un padre nella sua famiglia. Anche qui si crea il giusto equilibrio tra diversi ‘ingredienti’: guida, comando, controllo e affetto.”
Abbiamo modo di vederlo applicare questo processo nella sua trasmissione “Cucine da Incubo” in cui viene calato in realta in cui va a correggere, con determinazione ed umanità, problemi organizzativi, scelte culinarie discutibili e relazioni interpersonali logore.
In un momento in cui la maleducazione e la superbia vincono su tutto, propone umanità, mascherata da rude determinazione, competenza e estremo rispetto di ogni storia e di ogni percorso. Anche qui guida i ristoratori con cui si interfaccia a riscoprire il gusto del semplice, del prodotto genuino, della cura e dell’amore del piatto.
La sua semplicità emerge anche dal suoi amore per la pasta, non necessariamente fresca e complicata, come lui stesso ci confessa: “Le poche volte che riesco a incontrarmi con gli amici mi gusto un bel piatto di spaghetti di Gragnano.”
Che dire? Anch’io… però sarei curiosa di vedere come li reinterpreta..
Un grande regalo lo ha fatto a noi appassionati, innamorati della sua arte, con suo libro (“In cucina comando io” Mondadori Electa) che è generoso, dettagliato e prolifico. Racconta la sua storia, di come con tenacia, costanza e talento si sia trasformato da un semplice ragazzo del sud Italia, dal temperamento forte e determinato, in uno dei più grandi e affermati Chef stellati dell’ultima generazione. Uno degli chef che ha folgorato il Re degli chef, Ferran Adrià.
Nel suo libro ripercorre i momenti più significativi della sua carriera professionale, dagli esordi a Vico Equense, terra di eccellenze culinarie, alle esperienze internazionali che gli hanno permesso di approfondire le sue conoscenze negli ambiti più qualificati della grande ristorazione, fino all’approdo a Villa Crespi, “un sogno ad occhi aperti”, ristorante incastonato nello scenario suggestivo del Lago d’Orta nel quale ha definitivamente suggellato la sua fama, conquistando ben due stelle Michelin.
Uso le parole di chi lo ha recensito, per descrivervi quant’è bello leggere le sue ricette ed incantarsi di fronte alla semplicità delle crocchette di patate con quel qualcosa in più che ti fa venir voglia di correre in cucina a sperimentarle:
“Bravo Antonino, riesce a creare un connubio perfetto tra un libro di ricette ed una biografia: le introduzioni di ogni sezione raccontano il percorso di Antonino, mentre al fondo di ogni ricetta ci sono degli aneddoti della sua vita. È diviso in due sezioni principali, la prima racconta il percorso per diventare chef, con tante ricette della tradizione, alcune anche molto semplici perfette per chi è alle prime armi, e la seconda contiene le ricette dello chef, come il famosissimo tonno vitellato. Il tutto accompagnato da foto bellissime, sia dei piatti che della vita in cucina. Quindi il libro è perfetto sia per essere letto che per essere utilizzato in cucina”
Cosa aggiungere? Ho letto il suo libro, direi divorato se non sembrasse troppo scontato, ho seguito ogni sua puntata con curiosità e divertimento.
Ultimo passo…mi rimane da andare a Villa Crespi per suggellare questa passione.
Leggete le recensioni su tripadvisor per capire quale delizia via aspetti, io ve ne riporto una, giusto per solleticare un po’ anche il vostro appetito:
“E’ sempre difficile non ripetersi quando si commenta l’eccellenza, ed evitare di dire cose già dette.
Per cui, quando si esce da Villa Crespi, è sufficiente lasciar parlare l’emozione e si è totalmente appagati. Tutto si approssima alla perfezione: dalla cordialità e simpatia del Personale unite all’alta professionalità del caso, alla magica fantasia dello Chef che regala all’occhio ed al palato piatti indimenticabili, perfettamente coadiuvato da un bravissimo Sommeiller. Lasciarsi guidare in un percorso di Cibo e Vino, è come entrare in una Favola, dove però si è Attori principali.
Bravissimi tutti!”