Tutto nacque il 31 gennaio 1907 con un lapidario annuncio sul quotidiano francese Le Matin:
« Quello che dobbiamo dimostrare oggi è che dal momento che l’uomo ha l’automobile, egli può fare qualunque cosa ed andare dovunque. C’è qualcuno che accetti di andare, nell’estate prossima, da Pechino a Parigi in automobile? »
Torniamo per un attimo indietro, al lontanissimo 1907: prima edizione della Pechino-Parigi.
Pur avendo dato la loro adesione una quarantina di equipaggi, a Pechino se ne presentano 5 in tutto: un triciclo Contal e due De Dion-Bouton dalla Francia, una Spyker olandese, un’Itala a rappresentare l’industria italiana. Il raid non nacque come una vera sfida sportiva bensì come una grande scommessa tecnologica: l’auto non era ancora considerata che poco più di un mezzo da passeggio o un attrezzo sportivo, ma si iniziava a sostenere da più parti che con l’automobile si poteva andare dovunque. Affermazione che poteva essere confermata soltanto effettuando un’impresa eccezionale. Impresa che, per la prima volta, venne vinta da un grande equipaggio italiano, guidato dal principe Scipione Borghese a bordo dell’ormai mitica Itala, che ora si può ammirare al Museo dell’Automobile di Torino.

La Itala 35/45 HP conservata al Museo dell’automobile di Torino, vincitrice del Raid Pechino-Parigi, è stata restaurata nel 1987. Questo stesso veicolo ha ripercorso nel 2007 il famoso raid, dopo cent’anni dalla storica impresa, con la spedizione italiana Overland.
La superiorità italiana era così palese che, quando l’equipaggio italiano giunse a Mosca, aveva già accumulato un tale anticipo sugli altri, che Borghese decise di passare da San Pietroburgo, allungando di mille chilometri, per assistere al gran ballo. Questo non gli impedì di arrivare comunque a Parigi primo, con venti giorni di anticipo sul secondo.