Il Borsalino è uno dei casi in cui un determinato marchio diventa talmente famoso da diventare un sinonimo di un particolare oggetto e le due storie diventano indissolubili.
Il fondatore, Giuseppe Borsalino, chiamato “u siur Pipen”, nasce ad Alessandria nel 1834. Dopo un’esperienza come garzone e poi apprendista nella sua città, lavora per circa sette anni nel cappellificio Berteil in Rue du Temple a Parigi, ottenendo la qualifica di Maestro Cappellaio. A un anno dal rientro in Italia, Giuseppe apre il suo primo laboratorio in un cortile di via Schiavina ad Alessandria insieme al fratello Lazzaro.
Marcello Dudovich Borsalino Old House (1924)
Grazie all’esperienza inglese, il maestro decide di importare quelle macchine che a Denton, Stockport e nei sobborghi di Manchester avevano rivoluzionato il mestiere dei cappellai.
La produzione iniziò il 4 aprile 1857 quando Giuseppe Borsalino rilevò, ampliandola in seguito a grande e rinomata industria, una fabbrica di cappelli che raggiunse il considerevole livello di 750.000 pezzi annui prodotti all’inizio del nuovo secolo, ampliandosi addirittura a oltre 2.000.000 alla vigilia della prima guerra mondiale.
Nel 1897 il maestro visita la fabbrica di cappelli Battersby di Londra e la leggenda dice che “senza farsi vedere intinge il suo fazzoletto nella vasca della ‘catramatura’: porta così in Italia il segreto inglese per la fabbricazione delle perfette bombette”. La qualità dei prodotti Borsalino trasforma facilmente il sogno di una piccola bottega artigiana in una vera e propria industria.
La fabbricazione dei cappelli Borsalino – produzione Milano Film, 1912 (Museo del Cinema di Impresa di Ivrea)
Sette settimane di lavoro artigianale, circa 50 fasi produttive e un metodo di lavorazione che si tramanda di generazione in generazione nello stabilimento di Spinetta Marengo (Alessandria), il luogo che vede la nascita dei mitici Borsalino in feltro, piccoli capolavori del Made in Italy.
Ma chi sono i personaggi più famosi ad aver indossato il mitico copricapo italiano? Nell’aprile 2007, in un articolo per Repubblica, Laura Laurenzi scrive:
Da un secolo e mezzo, con molti alti e bassi, in testa alla gente che conta. E soprattutto ai miti, alle icone del cinema, ai divi: uno per tutti Humphrey Bogart in Casablanca. Ma Borsalino non è solo il classico feltro, quello consacrato dall’ omonimo film con Alain Delon e Jean-Paul Belmondo, bensì ogni tipo di cappello, confezionato con la più elegante perizia: dal cilindro al panama, dalla bombetta al fez, alla bustina, alla feluca, dalla coppola al colbacco al nero, copricapo degli ebrei ortodossi e dei chassidim. è lungo l’ albo dei testimonial eccellenti, che comprende pontefici e capi di Stato, principi dell’ industria e del sangue, registi, pittori, artisti ma anche grandi gangster come Al Capone e personaggi entrati nella leggenda come Buffalo Bill.
Nelle sale del Museo Borsalino ad Alessandria sono conservati alcuni di questi esemplari storici: dalla bombetta dell’imperatore del Giappone Hirohito a quella del cavalier Benito Mussolini, a uno dei ben duemila cilindri che lo scià di Persia ordinò per le celebrazioni dei duemilacinquecento anni dell’ impero persiano a Persepoli. E ancora: il cappello di Tom Mix, quello di Charlie Chaplin, cinque tiare indossate dai papi. Il copricapo del Pandit Nehru e quello confezionato su misura per Ezra Pound, il charro in oro zecchino fatto fare per Pancho Villa, il morbido feltro di Robert Redford. Gorbaciov comprò il suo primo Borsalino in un negozio di Helsinki. Chamberlain, Truman, Churchill indossavano abitualmente cappelli made in Alessandria. Giuseppe Verdi voleva che il suo Borsalino fosse sempre di color nero. Humphrey Bogart pretendeva che fosse in castoro purissimo. I fotogrammi che testimoniano la fucilazione di Galeazzo Ciano mostrano un feltro che rotola, quello del condannato, e l’ingrandimento conferma che si tratta di un Borsalino. Danzava leggiadro con in testa uno dei suoi molti cilindri Borsalino Fred Astaire. Danzava e cantava con la sua mitica paglietta sotto braccio Maurice Chevalier: era una paglietta intessuta in quell’ angolo del Piemonte. Si ritiravano in conclave extra omnes i cardinali con in testa il rosso galero, con nappe e trenta fiocchi, naturalmente made in Alessandria. Indossavano cappellini Borsalino le prime hostess delle linee transoceaniche Twa.
E, mito nel mito, il panama: talmente fitto ma anche talmente flessibile, in fibre e germogli di Carludovica palmata, da potersi arrotolare e chiudere nella custodia di un sigaro. In panama vip e sovrani, star, presidenti, scrittori: Napoleone III e Theodore Roosevelt, Edoardo VIII d’ Inghilterra e Gustavo di Svezia, Gabriele D’ Annunzio e Ernst Hemingway, Gary Cooper e Orson Welles. Giovanni XXIII ne ricevette uno in dono. Quasi tutti i panama più famosi e più fotografati erano Borsalino, oggi il tipo di cappello tornato più prepotentemente di moda. Nei primissimi anni Novanta l’azienda celebrò se stessa con una selettiva campagna autopromozionale che consistette nel regalare a cinquanta italiani importanti un pregiatissimo modello in pelo di lepre con le iniziali, all’ interno, stampate in oro: nella lista il presidente della Repubblica Cossiga, il premier Andreotti, ma anche Gianni e Umberto Agnelli, Luca di Montezemolo, Federico Fellini, Umberto Eco, Alberto Sordi e Vittorio Gassman.



