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Da giorni avevo voglia di scrivere un post su un argomento che, scoperto per caso mi aveva intrigato molto: l’applicazione di un modello di Qualità responsabile nelle produzioni alimentari.

Ed occasione è stata la verifica con il piccolo Enrico della conoscenza dei rudimenti di navigazione, il calcolo delle coordinate basandosi su Meridiani e Paralleli.

Mappa

Per caso abbiamo ricercato un luogo che fosse sotto l’Equatore e vicino alla linea di cambio di data (il cosiddetto Antimeridiano di Greenwich). Quando Enrico ha esclamato “Isole Salomon”, mi è tornato in mente un commento che il profilo social RIO MARE aveva fatto ad un mio post tra il serio ed il faceto.

Rio

Partendo dall’etichetta di una scatola di tonno, che riporta bene in evidenza la scritta PESCATO A CANNA, abbiamo scoperto l’esistenza di un piano di sviluppo e di controllo qualitativo del tonno inscatolato e pescato rispettando regole di sostenibilità più o meno pressanti che hanno permesso di rimettere in moto l’economia di paesi in via di sviluppo.

Ammetto di non essermi fidato immediatamente della “dritta” e sono andato a ricercare delle altre informazioni, ottenendo però un quadro molto interessante e sicuramente incoraggiante.

L’idea si basa su un modello di gestione degli approvvigionamenti di produzione che permette la crescita delle economie locali dei Paesi in via di Sviluppo e la distribuzione di valore lungo tutta la filiera, dai luoghi di pesca all’Italia, sede dello stabilimento produttivo.

L’esempio delle lontanissime isole Salomone, arcipelago di 992 isole situate a est della Papua Nuova Guinea, tra pesca sostenibile e vulcani marini in eruzione, permette di avere un’idea abbastanza completa di come sia stato portato avanti il lavoro. Innanzitutto si è pensato di poter ristrutturare e rimettere in funzione la filiera locale.

Whilst few young Bajau are now born on boats, the ocean is still very much their playground. And whilst they are getting conflicted messages from their communities, who simultaneously refrain from spitting in the ocean and continue to dynamite its reefs, I still believe they could play a crucial role in the development of western marine conservation practices. Here Enal plays with his pet shark. Wangi Wangi, Indonesia.

E’ stato possibile attraverso:

  • Riparazione e ammodernamento della flotta locale di pescherecci, in modo da permettere di praticare la pesca a canna con i moderni standard di sicurezza alimentare.
  • Ampliamento e riqualificazione dello stabilimento produttivo che impiega più di 1.000 dipendenti.
  • Acquisto e donazione all’ospedale vicino all’abitato di una macchina per le analisi di sangue che prima potevano essere effettuate solo presso la capitale (a 2 ore di barca / 40 minuti di volo).

Cercando in rete ho trovato giudizi lusinghieri del progetto anche da parte di Greenpeace (che ad onor del vero chiede di andare ben oltre i limiti che l’azienda ha prefissato).

Inserisco nel post il video che racconta il progetto. Con una raccomandazione: non è un dogma, è stato realizzato da una azienda che ha progettato un approccio solidale, ben conscia di dover innanzitutto produrre pesce in scatola. Ma credo sia importante comunque raccontare qualcosa che non ha avuto eco e che forse vale la pena sapere.

Una curiosità sulle isole Salomon (si proprio Salomone come il biblico re): nei mari dell’arcipelago vive una specie marina molto curiosa: il dugongo.

Il dugongo è un mammifero acquatico di grossa mole e di colore grigio-biancastro che può superare i 3 metri di lunghezza, per un peso compreso tra 400 e 500 kg, purtroppo in via di estinzione.

La caratteristica principale del Dugongo?

È un animale sociale, estremamente pigro: ama poltrire per ore e ore durante la giornata galleggiando immerso in acqua.

Dug

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