Secondo un racconto persiano, un giorno il Profeta Maometto cadde in una profonda letargia da cui non riusciva a scuotersi. L’arcangelo Gabriele gli portò dunque una bevanda misteriosa la cui azione fu folgorante. Gli permise di trionfare su quaranta feroci guerrieri e di soddisfare quaranta donne innamorate senza mai perdere il proprio vigore.
L’antico racconto assurse il caffè al rango di bevanda del profeta e fece di esso il “vino dell’Islam”. Il caffè divenne allora simbolo di una nuova cultura.
L’apertura del primo caffè viene collocata a Costantinopoli con la nascita delle Mekteb-i-irfan ovvero le scuole del sapere dove il caffè venne nominato “il latte dei giocatori di scacchi e dei pensatori”.
Ma il primo caffè letterario nasce a Parigi grazie all’intraprendenza del suo fondatore. Francesco Procopio nasce a Palermo intorno al 1650 e inizia la sua storia come venditore ambulante di caffè girando instancabilmente per le strade di Parigi. Quando Pascal, un armeno dal quale presta servizio come garzone, chiude bottega, Procopio prende un banco alla fiera di Saint-Germain per poi aprire successivamente un piccolo chiosco in rue de Tournon.
Dopo undici anni decide di ingrandirsi rilevando uno stabilimento di bagni “Au Saint-Suaire di Turin”, che, come quasi tutti i bagni dell’epoca, era decaduto e godeva di scarsa reputazione.
Lo sistema e comincia a decorarlo con un certo gusto, appendendo al soffitto lampadari di cristallo, rivestendo le pareti di specchi in modo da migliorare la scarsa illuminazione delle sale. Il locale così arredato insieme alla sua qualifica di limonier lo distingueranno dal resto di tutti i carabaret esistenti a quell’epoca a Parigi.
Procope, così si farà chiamare in seguito, è un mago dei profumi e un esperto di spezie. Decide quindi di offrire ai suoi clienti un assortimento di piatti e di rinfreschi di una varietà e ricchezza inusitate e diventa distillatore, farmacista, liquorista e speziale. Raffina gli zuccheri per togliere loro gli oli collosi. Maneggia pesanti pestelli per frantumare mandorle provenzali, mentre sorveglia la fabbricazione delle acque forti, la cui eccellenza dipende dalla purezza dello spirito ardente. Impasta delicatamente gomma adragante con ambra grigia. Prepara idromele di vari tipi, mette in infusione in vino addizionato di zucchero bianco pizzichi di zenzero, chiodi di garofano e della noce moscata per ottenere vino curativo. Manipola tenere paste a base di orzata per ottenere creme di fiori d’arancio dalle proprietà medicamentose. Nei suoi bacili sobbollono acqua cordiale di Coladon, acqua di cedro o acqua di bergamotto di limetta. Sa preparare anche vini di ribes nero, di lampone e di pesca. Il suo elisir del perfetto amore, che prepara con acqua di cedro colorata di vermiglio con la cocciniglia; ma non trascura nè l’acqua di ginepro nè gli oli di garofano, di anice, di rosa e persino di caffè. Inventa sorbetti e gelati e un’infinità di acque rinfrescanti per la stagione calda.
Ma il suo punto d’onore è quello di servire il miglior caffè di Parigi. La preparazione del caffè era molto più di semplice esperienza; era una scienza. Per ottenere una tazza ci voleva non meno di un’ora. I metodi erano numerosi e registrati in appositi trattati come quello di Audiger, La Maison règlèe che prendeva in considerazione solo il più semplice: il chicco di caffè, tostato in una padella, polverizzato e passato al setaccio, veniva versato in un vaso o in una caffettiera piena di acqua bollente: la proporzione era di due cucchiai di caffè per una pinta d’acqua o di un’oncia per mezzo litro. La caffettiera veniva tolta dal fuoco ogni volta che il liquido saliva, poi vi veniva posta nuovamente in modo da ottenerci dieci o dodici bolliture. Infine lo si lasciava riposare, lo si filtrava e si serviva.
Ingresso Cafè Procope
Procope tuttavia non si accontentò di trasformare la sua cucina in un attivissimo laboratorio ma le sue sale erano delle autentiche scenografie: i camerieri portavano parrucche e grembiuli bianchi e i gelati, le acque di fiori e la frutta candita erano serviti su grandi vassoi.
Ma ciò che cambiò il destino del caffè, fu l’insediamento della Comèdie Française a due passi dal locale, nell’ex Jeu de Paume de l’Ètoile in rue Neuve-des-Fossès-Saint-Germain. Nel 1689 inaugurarono il loro nuovo teatro con le rappresentazioni di Fedra di Racine e de Il medico per forza di Molière. Procope non si limitò ad attrarre attori, spettatori e drammaturghi ma affittò il banco della limonata nel vestibolo del teatro dove installò una “distributrice” di liquori dolci. Istituì in tal modo una specie di monopolio sulla vita del teatro e il suo “Antro”, come veniva definito a causa della scarsa illuminazione, divenne il quartier generale della compagnia.
Alla sera tutti si convenivano per discutere dell’esecuzione dell’opera teatrale, del suo valore, della bravura degli interpreti.
Le celebrità passate, presenti e future dell’arte drammatica costituivano la tumultuosa clientela del Procope.
Ben presto il circolo degli habituès si allargò e si estese oltre l’ambiente dello spettacolo. Il favolista La Fontaine fu uno dei primi personaggi illustri a varcarne la soglia. Alla fine del secolo, La Grange-Chancel, Danchet, Baron, Regnard, i Crèbillon padre e figlio facevano parte del gruppo rumoroso e animato che ogni giorno invadeva i salotti immersi nella penombra.
All’inizio del settecento, vi fece il suo ingresso una nuova generazione di poligrafi che si aggiunsero alla già numerosa corte di scrittori e il Cafè de Procope, definito cenacolo, divenne una sorta di foro permanente per nuovi sofisti e peripatetici in jabot.
Benchè la filosofia fosse di casa al Procope, era sempre il teatro ad alimentare la cronaca quotidiana. Jean-Jacques Rousseau, già incline alla misantropia e di conseguenza poco disposto a esibirsi, vi trascorse tuttavia una serata memorabile nel 1752. Arrivò in diligenza dopo la prima rappresentazione de L’indovino del villaggio a Fontainbleau. Una tale folla era convenuta per salutare e ascoltare l’eroe del giorno che l’ufficiale di polizia del quartiere dovette mettere una sentinella davanti a quella Accademia improvvisata. Nemmeno Voltaire frequentava abitualmente il Procope. Vi passava per scoccare qualche frecciata velenosa ai suoi rivali, che avevano spesso più successo di lui presso il pubblico. Nel 1734, a proposito di Linaut, dichiarò: “va tutti i giorni alla Comédie invece di pensare a scrivere un’opera teatrale. In due anni ha composto una scena che non vale niente e si crede qualcuno perchè va a teatro e da Procope”
Le Procope
13, Rue de l’Ancienne Comédie
75006 Paris, Francia