Nasceva a San Paolo il 21 marzo 1960 Ayrton Senna da Silva, il pilota che avrebbe traghettato l’automobilismo in una dimensione di leggenda.
Tanti i momenti magici della vita del campione, che riannodando i fili della memoria tra frammenti televisivi e racconti possono permettere di ricostruire la sua immagine.
Ho provato a raccogliere in questo piccolo spazio dati ed immagini, video e miei ricordi, dal 1984 al 1993, in dieci anni di carriera unica.
Mi piace pensare che questa mia ricerca possa essere utile a chi, troppo giovane per ricordare le sue gare o addirittura per conoscerlo, provi a visitare la mostra torinese con la voglia di ripercorrere pagine epiche dell’automobilismo moderno.
“Il mio più grande desiderio è sempre stato di andare più veloce di tutti, anche dell’orologio”.
Nessun dubbio su chi fosse Ayrton Senna da Silva, un pilota incredibile che ha cambiato irreversibilmente la Formula 1 degli anni ’80 e ’90.
Un modo di vivere le corse, il suo, molto differente da quello dei suoi colleghi: vivere il rapporto con la sua auto e con il cronometro in una curva spazio-tempo intima, privata, quasi mistica.
Fu nel toboga di Montecarlo, in una domenica di fine maggio del 1992, che mi innamorai della guida del brasiliano, quando la sua auto non era più l’astronave che sino al 1991 aveva dominato.
E con la sua guida totale, sfiorando tutti i muretti, senza più gomma, era riuscito a tenere dietro per quattro lunghissimi giri la Williams aliena di un Mansell scatenato, andando a vincere con due soli decimi di secondo di vantaggio.
Prima di quel giorno, da grande appassionato di Formula 1 lo avevo sempre creduto forte, fortissimo, ma anche fortunato, avendo guidato in Mclaren negli anni migliori della partnership Honda, il motorista capace di interpretare al meglio l’ultima stagione dei turbo (con una incredibile stagione 1988 scandita da 15 vittorie e tante doppiette).
E non mi era piaciuto per niente il suo modo di restituire nel 1990 ad Alain Prost il dispetto ricevuto alla chicane di Suzuka durante la stagione precedente e da ferrarista non ero stato così colpito dalle voci del suo arrivo a Maranello.
Ma dopo quel Montecarlo tutto era cambiato…
Quando nell’estate del 2013 ho intervistato Cesare Fiorio, dal 1989 al 1991 a capo della Scuderia Ferrari, mi ha molto incuriosito la sua risposta ad una mia provocazione in merito alle ricostruzioni che si erano fatte dell’arrivo di Ayrton Senna a Maranello. Fiorio era riuscito a convincere Senna a firmare un precontratto con Ferrari e solo una “manovra di palazzo” partita da uno stizzito Alain Prost, già pilota Ferrari aveva fatto saltare tutto. Fiorio mi disse: “Non mi spaventava dover gestire due grandi campioni. Semplicemente la Ferrari non poteva non avere Senna”.
Torniamo allora indietro nel tempo, al 1984, quando Ayrton esordisce in F1 con la Toleman e già nelle prime gare si mette in luce per la sua guida pulita ed efficace.
E sotto il diluvio, a Montecarlo (un circuito particolarmente congeniale per Senna) si presenta al mondo con una gara fantastica. Dopo un sorpasso sul rettilineo principale a “sua maestà” Niki Lauda, che alla fine della stagione si laureerà Campione del Mondo, inizia il suo inseguimento al primo in classifica, quell’Alain Prost che sino al ritiro dalle corse sarà rivale ed acerrimo nemico del campione brasiliano.
Senna non vinse, fermato da una bandiera a scacchi giustificata da condizioni proibitive, ma forse anche dalla volontà di graziare l’affermato pilota francese, evitandogli un umiliante sorpasso del giovane pilota brasiliano.
Ricordo ancora che il commentatore Rai Mario Poltronieri continuava a scandire “in questo giro Senna ha rosicchiato 6 secondi a Prost”. Sei secondi!!!
Nelle stagioni successive Senna, passato alla Lotus si misurò con piloti del calibro di Mansell, Piquet, oltre che dello stesso Prost ed in diverse occasioni si scatenarono duelli all’arma bianca.
Ricordo benissimo la memorabile battaglia tutta brasiliana tra Piquet e Senna in Ungheria nel 1986, con un sorpasso quasi a fine gara dopo decine di giri entusiasmanti. Si scambiarono più volte la posizione, fino al 55° giro: rettilineo d’arrivo, Senna davanti, Piquet incollato. Piquet, sulla sua velocissima Williams, prese la traiettoria esterna e tirò la staccata al limite (forse oltre il limite); Senna non fu da meno.
Piquet mise la sua Macchina completamente davanti proprio all’inizio della curva, oltre ogni concetto fisico di aderenza. La macchina s’intraversò e lui la controllò come stesse guidando in una prova speciale di rally. Senna battuto, ma la sua classe era ormai sotto gli occhi di tutti.
Il 1988 fu senza dubbio l’anno in cui guidò la macchina più forte, quella McLaren-Honda MP4/4 dei progettisti Steve Nichols e Gordon Murray (il geniale sudafricano che alla fine degli anni ’70 aveva fatto esordire una Brabham con un enorme ventilatore piazzato dietro al motore) che non lasciò scampo alla concorrenza.
Quell’anno Senna vinse tantissimo e sbagliò poco (ricordo tra tutti l’errore storico al Portier, prima del tunnel nella “sua” Montecarlo e l’incidente a Monza con Jean Marie Schlesser che gli costò la vittoria sul circuito brianzolo).
Ma è da ricordare la sua rimonta a Suzuka, nella penultima gara del mondiale. Corre per vincere il titolo e nonostante la Pole Position parte malissimo, rimanendo bloccato a centro-gruppo.
Ma convinto di poter vincere inizia una furiosa rimonta. Prost, suo compagno di squadra ed unico sfidante al titolo non può far nulla, tranne che assistere quasi inerme al sorpasso, al 28esimo giro, di un Senna che correva verso il suo primo titolo iridato.
Anche il 1989 vide il dominio Mclaren e di nuovo fu Suzuka teatro di una gara intensissima, con una lunghissima coda polemica.
Senna, partito dalla pole position, fu sopravanzato da Prost. Al 46º giro Senna tentò un attacco alla chicane triangolo, ma Prost chiuse la traiettoria e i due finirono per agganciarsi, terminando la propria corsa nella via di fuga. Prost, sicuro di aver conquistato il Titolo mondiale, scese dalla vettura, mentre Senna rimase al volante e, con l’aiuto dei commissari, riuscì a ripartire. La sua vettura aveva il musetto danneggiato e il brasiliano dovette tornare ai box per sostituirlo; quando rientrò in pista si trovava alle spalle di Alessandro Nannini, ma rimontò furiosamente e al 50º passaggio lo sopravanzò, conquistando la vittoria. Subito dopo la gara, però, Senna fu squalificato per avere tratto vantaggio dalla spinta dei commissari, rientrando in pista attraverso la via di fuga della chicane anziché percorrendo la medesima. Alain Prost diventò così matematicamente campione del mondo.
Nel 1990, nello stesso scenario orientale di Suzuka si ritornò ad una sfida Senna Prost (quest’ultimo era passato alla Ferrari). Senna conquistò la pole position, davanti a Prost; alla partenza il francese scattò meglio, ma Senna lo tamponò alla prima curva ed entrambi furono costretti al ritiro.
Mi deluse moltissimo la manovra di Senna, ma tanto tempo dopo capì che quel gesto era dettato da ragioni molto più profonde di quanto si potesse sapere. Durante quell’estate il Team Manager della Ferrari, Cesare Fiorio, era riuscito a strappare un SI ad Ayrton Senna che quindi nel 1991 avrebbe dovuto far coppia a Maranello con Prost. Il francese, venuto a sapere della firma, si mosse con le alte gerarchie della Fiat per far saltare tutto. Infrangendo il sogno di Ayrton sulla Rossa.
Del 1991, ricordo una gara fantastica a Barcellona, in Spagna, con un altro frammento difficile da dimenticare. Sul lunghissimo rettilineo del circuito, subito dopo la linea del traguardo Mansell (tornato alla Williams dopo una esperienza in Ferrari) si affiancò all’interno, sfiorando la McLaren di Senna fino all’ingresso della curva; l’inglese più volte cercò di allargare, ma Senna non aveva intenzione di mollare di un millimetro, tirando dritto; quel rettilineo non finiva mai. Le due macchine erano sempre più vicine e lo sciame di scintille che le due monoposto producevano, non faceva che prolungare il mio stato di apnea. E per chi non ricorda, giudichi dopo aver visto il filmato…
Fu davvero poco importante, almeno per me, che Mansell avesse la meglio: Ayrton Senna aveva lottato per tenere la linea, a 300 km/h, a pochi centimetri dalle ruote di Mansell.
Nel 1992, il ricordo di Montecarlo si abbina ad un’altra immagine, molto diversa, una istantanea scattata in estate, in Belgio, sullo storico circuito di SPA Francochamps. Nel primo giorno sul circuito, durante le prove del venerdì, il pilota Francese Erik Comas andò a sbattere violentemente contro le barriere poste nella curva Blanchimont. Dietro di lui Ayrton Senna stava facendo segnare il proprio tempo nel giro di qualifica. Accortosi della gravità dell’incidente, il brasiliano fermò la sua monoposto e senza nessuna esitazione corse a soccorrere lo sfortunato pilota francese.
Un gesto particolarissimo, quasi inaspettato da parte di un pilota così concentrato a correre contro il tempo e completamente fuori dagli schemi.
Un gesto simile a quello Arturo Merzario nei confronti di Niki Lauda nell’incidente nel Nurburgring del 1976.
Ultimo frammento che inserisco nelle immagini di Ayrton è la vittoria epica di Donington Park nel 1993. Una dimostrazione di dominio, di superiorità imbarazzante, sotto un diluvio di proporzioni gigantesche. Nel corso del primo giro Ayrton Senna annichilì letteralmente i suoi avversari, con quattro sorpassi uno più bello dell’altro, terminando poi la corsa con un minuto e mezzo di vantaggio su Demon Hill, ed un giro su quello che sarebbe stato il campione del Mondo, Alain Prost.
Quello che successe nella disgraziata stagione del 1994, non lo ricordo o forse non voglio ricordarlo. Doveva essere una stagione di successi, con il più bravo (Senna), sulla macchina migliore (Williams) ed invece qualcosa, sin dall’inizio cambio le sorti del campione.
Preferisco ricordare attraverso le parole di una canzone di Lucio Dalla, scritta da Paolo Montevecchi per ricordare Ayrton
Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota
e corro veloce per la mia strada
anche se non è più la stessa strada
anche se non è più la stessa cosa
anche se qui non ci sono piloti
anche se qui non ci sono bandiere
[…]
E ho deciso una notte di maggio
in una terra di sognatori
ho deciso che toccava forse a me
e ho capito che Dio mi aveva dato
il potere di far tornare indietro il mondo
rimbalzando nella curva insieme a me
mi ha detto “chiudi gli occhi e riposa”
e io ho chiuso gli occhi.Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota.